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Mercy Street: contraddizioni made in USA

by Diletta Cecchin
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Claudia pensò ai manifestanti che si radunavano a Mercy Street: i fedeli praticanti, i preti e i monaci votati al celibato. Si sarebbero mai interessati a Shannon, una drogata senza fissa dimora che infestava i marciapiedi di mattoni di Dawntown Crossing per estorcere qualche moneta ai turisti, se non fosse stata incinta? L’unica cosa che importava loro era impedire che abortisse. La sua lotta per la vita, la dura realtà quotidiana che rendeva impossibile la maternità, non li riguardava.

Esistono diritti e leggi che garantiscono e tutelano questi diritti. Leggi, che negli ultimi anni, troppo spesso, sono state messe in discussione, se non addirittura cancellate. Di questo parla Mercy Street, di Jennifer Haigh, edito da Bollati Boringhieri. Ci troviamo a Boston nel 2015. Claudia, ormai da molti anni, come lavoro garantisce assistenza psicologica alle pazienti del Mercy Street, una clinica che si occupa di salute femminile, specializzata in contraccezione e interruzione di gravidanza. In Massachusetts l’aborto è legale entro la ventiquattresima settimana di gestazione. Il lavoro di Claudia non è semplice, ogni giorno si trova di fronte donne, più o meno giovani, in grave difficoltà, alla ricerca di una seconda possibilità.

Mercy Street

Ogni giorno Claudia, oltre a dover affrontare la paura, il dolore, la rabbia delle proprie pazienti, deve anche avere a che fare con i manifestanti pro-life che stazionano di fronte all’ingresso della clinica. Ormai le minacce, anonime e palesi, non si contano più e Claudia è costretta a vivere in un costante stato di allarme, che riesce a far tacere solo grazie alla marijuana acquistata da Timmy.

Timmy è uno spacciatore di professione, ma diventa anche un amico per Claudia, un confidente e un’oasi di pace e tranquillità. Nella casa di Timmy si affastella un assortimento variopinto di clienti, fra cui anche Anthony, un’anima fragile e solitaria, paladino della causa anti-abortista. Anthony passa la sua vita online o fuori da Mercy Street, alimentando una spirale di odio e violenza.

Mercy Street

Credo che ci sia bisogno di romanzi come Mercy Street. Sempre più spesso la salute e il diritto all’autodeterminazione delle donne sono messi in discussione. Già qualche mese fa vi avevo parlato de L’evento di Annie Ernaux (vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2022), un romanzo autobiografico in cui l’autrice, con incredibile coraggio, ci racconta la storia del suo aborto clandestino. Sicuramente il libro di Jennifer Haigh ha uno spessore letterario inferiore, eppure resta una lettura interessante, grazie a una visione più ampia e generale. Non si parla di una singola esperienza, ma di cosa accade negli Stati Uniti.

Ci troviamo di fronte all’esasperazione delle posizioni religiose, politiche, sociali tipica della realtà americana. Un mondo di contraddizioni, che rendono interessante la lettura anche se a volte il ritmo della storia è un po’ lento. Purtroppo, un appunto che ripetutamente mi trovo a fare a Bollati Boringhieri, la casa editrice che ha portato in Italia Mercy Street, è: peccato per i frequenti errori di battitura!

Image Source: Sunday Times

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