Se lo ricordano tutti lo slogan di Karl Lagerfeld: Make fashion not War.
E la moda l’ha preso alla lettera: divise, mimetismi, caschetti e anfibi sono irrinunciabili di stagione.
Per manifestare ovviamente il proprio dissenso. Ma come si fa a sdrammatizzare una cosa terribile come la guerra che colpisce buona parte del nostro pianeta?
Certamente non basta indossare una camicia mimetica, un tascapane o un paio di anfibi per cambiare le cose, ma è un modo per dimostrare che un simbolo di morte e distruzione può diventare altro ed essere usata per fare altro, magari anche divertirsi.
Ecco allora il mondo della moda si mette all’opera, gli stilisti usano il militare per dichiararsi antimilitaristi.
E per fare vestiti belli, facili da portare, come i cappotti lunghi con i bottoni d’oro o i parka che sono così comodi per chi gira in motorino. Poi ci aggiungono borchie e paillettes, bordi in pelliccia e di velluto, strass e patch di ogni genere prendendo in giro la serietà della divisa. Non si contano più i riciclaggi delle divise vere, spesso con i risultati extralusso, come fossero pezzi d’haute couture. C’è ormai una lotta all’ultimo vintage nei mercatini specializzati, fra aziende che ne comprano a tonnellate per rivenderle dopo averle customizzate e appassioanti di ogni età a caccia di un certo tipo di mimetica tedesca piuttosto che da deserto.
E che dire dei Ray-Ban Aviator? Tutte noi ne abbiamo alemo un paio, e designer famosi li copiano: ormai sono un classico! La milite-mania è talmente di moda da aver spinto un marchio come Valentino a dedicarle una collezione camouflage che è ormai un must per il popolo fashion.
Non vi ho convinto? Fatevi un giro per i negozi!
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