Una madre ha in mano un’arancia. Davanti a lei il suo piccolo neonato, ultimo di tre figli. La mamma muove l’arancia davanti agli occhi del bambino, che però non reagisce, non sposta lo sguardo. I suoi occhi fissano il vuoto, sono bui, non vedono nulla. Da questa scena prende avvio uno dei romanzi più potenti che abbia letto negli ultimi mesi, Adattarsi dell’autrice francese Clara Dupont-Monod, edito in Italia da Clichy.
Adattarsi è proprio un romanzo francese. Per la storia narrata, per lo stile, per la lingua, per l’intensità raggiunta da queste pagine nonostante la brevità del libro. In centocinquanta pagine Clara Dupont-Monod riesce a descrivere un mondo, una piccola realtà famigliare. Delinea perfettamente i tre protagonisti della vicenda narrata. Ci consegna una storia, che riesce ad avere una luce di speranza nonostante la tragedia, e che difficilmente dimenticheremo. Fra le montagne francesi, in un piccolo borgo di poche case, nasce un bambino. Il neonato è bello, sorridente. I parenti, gli amici e i vicendi accorrono per rendergli omaggio. Però, in poco tempo, quella che potrebbe essere la storia di tante famiglie felici, deraglia verso il dramma. Il bambino è cieco, non può muoversi, non riesce a mantenere la posizione eretta. L’aspettativa di vita è brevissima, al massimo tre anni.
Questa notizia si abbatte sulla famiglia, sicuramente sul padre e sulla madre, ma anche e soprattutto sui due fratelli del bambino, il maggiore e la minore. Ognuno di loro avrà un modo diverso di reagire alla disabilità del bambino. Il maggiore si fonde completamente con lui, quasi fosse un terzo genitore. Se ne prende cura e gli racconta il mondo, capisce che al bambino può dare molto ma anche che ricevere molto da lui. La minore lo rifiuta completamente e lo incolpa delle sorti della famiglia. Con rabbia tratta il bambino, che le ha portato via tutto, soprattutto il fratello maggiore. Infine c’è un ultimo, che nasce dopo la morte del bambino inadatto e che per sempre vivrà all’ombra di questo fantasma.
Adattarsi è un libro unico, originale e toccante. Fra le sue pagine non ci sono nomi, solo ruoli famigliari: il maggiore, la minore, l’ultimo… La storia ci viene raccontata da una voce onnisciente, quella delle pietre della casa, che vedono e ascoltano tutti e tutto sanno. Ci troviamo fra le mani un libro che è una fiaba, una metafora, con un finale che ha molto da insegnarci.
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